Vittorio Miele: mostra di dipinti
Vittorio Miele – Mostra antologica di dipinti
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Vittorio Miele |
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| LA NUOVA METAFISICA DI VITTORIO MIELE di Luigi Tallarico |
INTERVISTA A VITTORIO MIELE di Rocco Zani |
Vittorio Miele è tra le figure “storiche” della pittura di questo territorio ma ciò non semplifica l’intera lettura della sua opera. Soprattutto per quel continuo rinnovamento della cifra linguistica che ne evoca l’impossibilità – umana e pittorica – di arrestarsi dinanzi a soluzioni risolutive. Miele è stato testimone attento dell’universo umano e di questo ha colto – con la propria, dolorosa intuizione – ogni spiraglio, ogni frammento sottile. A dieci anni dalla sua scomparsa (1926- 1999) sembra necessaria, se non indispensabile, una sorta di fermata riflessiva sulla vicenda completa di questo autore che ha fatto del rigore, umano e artistico, un carattere distintivo di tutta la sua poetica espressiva. Questa retrospettiva permette pertanto di rivisitare le cifre espressive di Miele e al contempo di “restituire” alla città di Frosinone un frammento mai dimenticato della propria storia recente. La mostra – ideata nella sua struttura antologica, e non già quale “viaggio circoscritto” – si pone oltremodo quale principio storico del luogo; lo coinvolge, ne ridisegna i confini dell’immaginario, lo ripropone, anche, come epicentro del giudizio. L’evento suggerisce un percorso espositivo che partendo dalle opere realizzate nei primi anni ’50 e procedendo per le insostituibili esperienze degli anni ’70 si conclude con i dipinti che sembrano preannunciare l’epilogo di un’esistenza comunque complessa, fatta di spaccature, approdi precari, di una “sostanza” mai pianificata o rassicurante.
Un “incontro”, questo con Vittorio Miele, che è momento qualificante di lettura e conoscenza per l’intera comunità.
Il volume monografico è a cura della Fondazione Umberto Mastroianni con testi critici di Maurizio Calvesi e Luigi Tallarico.
Maurizio Calvesi: “L’imperativo dell’occhio di Vittorio Miele è la sintesi, nel creare tarsie di piani, adagiati, o a perpendicolo e comunque prominenti, come stuoie dai ruvidi colori gradualmente disposte dal vicino al lontano: pezzature di terra, campagne, strade, colline, montagne, che l’occhio individua nelle loro angolazioni, prima che dalle forme, dagli stacchi e dal diverso rapportarsi alla linea dell’orizzonte contro il cielo. Le distanze sono plasticamente rapprese in blocchi o spezzate da linee sghembe; nuvole come sassi, cespugli come fruste, vegetazione gremita di grossi punti; tetti ferrigni o sanguigni, pareti di calce; la prospettiva nasce dal loro incontro. Le case, gli alberi depongono macchie pesanti in reciproco dialogo o invece diverbio, scure contro il bianco, o bianche contro il rosso, e ancora in altri accostamenti pur sempre robusti, perentori”.
Luigi Tallarico: “Come è stato detto, un artista non dipinge i fatti della rivoluzione per dimostrare l’innovatività dell’opera. Consapevole di questo concetto, Vittorio Miele non separa le passioni dalla forma, che indirettamente le esprime, ma – combinando le parole con il destino degli uomini del tempo mette a nudo la discrepanza tra l’io e la realtà, soprattutto l’incomprensibilità di certe terrificanti realtà, che bloccano l’anima in subbuglio e che la dispongono ad un’attesa tutt’altro che pacificata. Ed ecco come il dolore-rivolta, per le vicende della vita, affiora in superficie in immagini trepidanti, che anche quando Miele – da artista eternista – non le identifica otticamente e/o ideologicamente, evidenziano comunque il dramma dominato dall’Urschrei espressionista e proprio dell’artista attivista, il quale tramuta il “grido” irrefrenabile in un “urlo condensato” nella struttura stessa delle cose. Non si compiace della rivolta fine a se stessa, ma progetta e costruisce”.
Pubblicato il 3 ottobre 2009 su Uncategorized. Aggiungi ai preferiti il collegamento . Lascia un commento.









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