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L’immigrazione in Italia, origini e cause, il filmato della III F
Ed ecco il filmato della III F, liceo linguistico, sul tema dell’immigrazione sempre per il concorso A scuola di open coesione
e qui la community con i loro contributi
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Da Lampedusa a Parigi, il dramma dei rifugiati, incontro al Liceo con il regista Pappacena
Martedi 16 Dicembre alle ore 10.00 presso il Liceo Scientifico di Ceccano si terrà l’incontro con il regista Emiliano Pappacena, autore del documentario “Lampedusa – Parigi: Diario di un viaggio”. Si tratta di un documentario “on the road” durante il quale il regista viaggia fianco a fianco ad un gruppo di giovani tunisini fuggiti in seguito alle rivoluzioni della primavera araba.
Durante questo viaggio, che vede il suo principio a Lampedusa e si conclude un anno dopo a Parigi, si condividono emozioni, sogni e paure di questi giovani immigrati che una volta giunti a destinazione dovranno fare i conti con un Europa ben diversa dalle loro aspettative. Emiliano Pappacena è nato a Latina nel ‘1979, si laurea in sociologia e fa la sua prima esperienza nel mondo dell’editoria realizzando e dirigendo nel 1999 il magazine online Dissonanze.net . Nel 2007 viene trasmesso su Rai Due il suo primo reportage sulle potenzialità economiche dell’immigrazione dal titolo “Economia Migrante”. Nel 2009 fonda la Daimon Production grazie alla quale produce e realizza interamente i suoi lavori. Ad oggi ha prodotto e diretto diversi reportage su tematiche sociali e d’integrazione per il programma “Un Mondo a Colori” e poi per “Crash” di Rai Educational. Con Pappacena sarà presente anche il suo aiuto regista
Renato Chiocca . Chiocca è laureato in Scienze della Comunicazione, ha frequentato il seminario propedeutico di regia al Centro Sperimentale di Cinematografia, è stato aiuto regista di Mimmo Calopresti e assistente di Daniele Luchetti. Ha lavorato, tra gli altri, con Paolo Sorrentino, Alessandro Piva e Gianfranco Pannone. L’iniziativa è dell’associazione Al centro del fiume, in collaborazione con il Liceo.
Affamati
Alessia Cristofanilli, della III B, commenta l’interessantissima assemblea degli studenti di venerdì 28 novembre al teatro Antares, dove gli allievi si sono confrontati con 3 rifugiati ospiti della Caritas Diocesana, un giovane studente in legge del Mali, una donna eritrea con l’obiettivo di andare a lavorare in Inghilterra, un giovane afgano scappato perché i talebani volevano ucciderlo se fosse andato ancora a scuola.
Scappati dalla morte, dalla fame, dalla guerra. Gli odori e i suoni dei loro Paesi natali violentemente impressi nella mente, marchiati a fuoco, tristemente soffocati e sostituiti dal colore del sangue, dall’odore acre della polvere da sparo e dalle urla. Questi sono i tre macabri compagni di viaggio che accompagnano nella fuga dall’orrore, onnipresenti città dopo città, camion dopo camion, gente che muore e donne che piangono. Non si sa se oggi mangerai, riuscirai a scampare ai pericoli, se riuscirai a dormire qualche ora senza incubi costanti, se riuscirai a vivere per vedere l’alba del giorno seguente. Non è detto che tutto ció porti i suoi frutti, non è detto che riuscirai ad arrivare dall’altra parte, non è detto che tutti i sacrifici enormi che stai compiendo riusciranno a farti ricostruire una vita. Non è detto che riuscirai ad aiutare la tua famiglia e a rivederla un giorno. Oggi abbiamo incontrato tre persone che ce l’hanno fatta. Leggi il resto di questa voce
I primi saranno gli ultimi
Molti allievi del Liceo stanno commentando le tragiche notizie di Lampedusa. Ecco cosa scrive Chiara Sodani, V A
“Gli ultimi saranno i primi”, recita il Vangelo. Un’idea, un concetto di estrema bellezza, speranza. Una promessa. Ma con un grande difetto: troppo profonda per essere capita dalla superbia di questo mondo. Mi guardo le mani, e le vedo sporche. Di menzogna, peccato, vergogna. Di quale parte del mondo faccio parte? Mi chiedo quali pensieri affollassero le menti di quelle duecento anime mentre cavalcavano l’onda di quella manciata di kilometri che li divideva dalla loro nuova vita; pensieri di speranza, una voglia di riscatto, la rivendicazione finale del diritto di vivere e amare troppo a lungo negato loro. Penseranno, ovunque loro siano ora, di esser morti con dignità combattendo per una vita migliore, per loro stessi, per i propri bambini, o saranno per sempre tormentati dall’idea di esser morti fuggendo? In tutto questo, qualcuno di noi ha mai davvero riflettuto sui migranti attraverso una luce umana, di incubi e sogni intrisa?
La rabbia ed il cordoglio spopolano. Napolitano e le sue parole di indignazione. Papa Francesco e la sua globalizzazione dell’indifferenza. Ma qui, in Italia, la delusione cocente risulta doppia: se la parola unione significa fusione, congiungimento di tutto in un unico, perché l’Europa ci ha voltato le spalle? Che figura che ci fa, Signora Europa. Lasciare che sia la piccola ed impreparata Italia a risultare meschina, incapace e cattiva, basandosi sulla certezza che gli italiani sono un popolo che dimentica facilmente, magari quando in America, oltre ai cani e ai ‘negri’, anche a noi era vietato entrare negli uffici pubblici e nei locali. Quando tutti temevano e devestavano l’Orda Oliva, come Gian Antonio Stella ricorda nel suo ‘Orda’, quando gli albanesi eravamo noi.
C’era una cosa che non aveva calcolato, Signora Europa: non tutti gli italiani sono così. Qualcuno di noi capisce le parole del Ministro per l’integrazione Cécile Kyenge quando afferma che ogni vita umana persa è un contributo perso. Qualcuno di loro, come la piccola cittadina di Lampedusa è in costante impegno per aiutare gli stranieri feriti o semplicemente confusi, per offrire un poco di pane e una spalla su cui piangere, che alla causa offrono l’anima.
Non se l’aspettava, Signora Europa, che l’Italia è anche fede, coraggio, forza, amore.
E ora rivelo a Lei, e ai suoi abitanti, una cosa che forse ancora non sapete: gli ultimi del mondo siete voi.
Chiara Sodani, VA
Lampedusa, il mare dei morti… non capisco
di Josi Carinci, III C
Non capisco come si possa pensare che ciò che è accaduto questa mattina alle coste di Lampedusa sia giusto. È inconcepibile ritenere una tragedia simile una cosa “necessaria” per bloccare lo sbarco di migliaia e migliaia di emigrati. Credo che sia impensabile restare indifferenti davanti a una catastrofe del genere. 104 vittime, 250 dispersi che verranno ritrovati quasi certamente senza vita.
È vero, siamo un paese in crisi, senza lavoro, senza futuro e se non c’è per noi, non ci sarà tanto meno per gli immigrati. Ma perché, se stiamo così male continuiamo ad andare in giro con telefoni di 700€, scarpe di marca e vestiti firmati? Un Italiano non andrebbe mai a lavorare nei campi. Loro lo fanno. I Libici, Iraniani, Iracheni, Somali e così via, vengono qui con la speranza di un futuro migliore e si sacrificano a lavori che noi, pur se disperati, non faremmo mai. Non ci tolgono niente. Non vengono per fare i medici, avvocati, infermieri, commessi. Se siete così disperati e credete che siano un peso per l’economia e un ostacolo per la ricerca del lavoro, iniziate a lavorare 14 ore sotto il sole come fanno loro, sacrificatevi, smettetela di andare in giro con I-phone parlando della crisi, falsi e ipocriti moralisti.
Non si può e non si deve essere sollevati dopo una simile tragedia. È una vergogna non potere aiutare un barcone con 500 persone sopra che prende fuoco perché si rischia di essere denunciati per favoreggiamento alla clandestinità. Scappano dalla fame, dagli spari, dalle guerre. Sono PERSONE in cerca di una speranza, di un domani, di un pezzo di pane, di un po’ di pace.
Non è giusto ciò che è successo.